Operazione Matassa. Voti, prebende e affari del Partito unico messinese


Galoppini e procacciatori di consensi elettorali che militano nelle più agguerrite cosche mafiose della città o recuperati tra gli appartenenti più infedeli delle forze dell’ordine. Una folla di questuanti nelle segreterie e nei patronati del cavallo di razza, figlio e nipote di democristiani doc, sino a ieri leader maximo del partito assai poco democratico, oggi trasmigrato con cognati, vassalli e fedelissimi nell’immortale partito-azienda del cavaliere Berlusconi P2. Una manciata di voti in cambio di buoni spesa, qualche pacco di pasta, un permesso o una licenza, una modesta commessa da qualche ente pubblico; per pochi, sempre più pochi - i parenti stretti, la moglie, il figlio, l’amante e il venerabile “fratello” – la promessa di uno straccio di lavoro, precario, in nero, supersfruttato, dio voglia trimestrale, in un supermercato, una cooperativa di servizi, una casa per anziani. Un quadro desolante, fatto di miserie economiche, sociali e umane, dove ogni competizione elettorale si conclude con cene e schiticchiate premio, dove a sgomitare al tavolo-buffet ci trovi il pluripregiudicato o l’estortore, il medico o il  professionista gettonato, l’ufficiale dell’esercito, il sottufficiale dell’Arma e qualche agente della polizia di Stato.


Il consigliere di Franzantonio & soci


L’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’Ufficio dei giudici per le indagini preliminari del Tribunale di Messina che ha condotto in carcere una trentina di presunti affiliati alle organizzazioni criminali radicate nella zona centro-sud della città dello Stretto (Operazione Matassa) riserva più di una sorpresa su quelle che sono oggi le relazioni tra mafia e i settori che davvero contano nella politica messinese e siciliana. Tra gli arrestati, infatti, c’è l’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale Paolo David, bancario, 1.519 preferenze personali alle ultime amministrative del 2013 (e un contributo per la campagna di 2.500 euro dalla società di navigazione Caronte&Tourist del Gruppo Franza-Matacena). David è in Forza Italia da qualche mese al seguito del padre-padrone Francantonio Genovese, deputato alla Camera (già Dc, Margherita e Pd), uno dei rarissimi parlamentari che ha conosciuto l’onta e il dolore della carcerazione preventiva, e del di lui cognato on. Franco Rinaldi, presidente dei questori dell’Assemblea Regionale Siciliana. L’accusa per David è associazione a delinquere allo scopo di “commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione elettorale”. Congiuntamente ad un paio dei suoi più fidati supporter politici, “mediante un diffuso e capillare sistema clientelare”, il bancario-consigliere avrebbe “ostacolato  il libero esercizio del diritto di voto degli elettori”, procurando voti per sé e per Genovese e Rinaldi in occasione delle consultazioni elettorali per il rinnovo del consiglio regionale del 28-29 ottobre 2012, delle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 e delle amministrative di Messina del 9-10 giugno 2013, in cambio di utilità di varia natura: somme di denaro, generi alimentari, assunzioni presso strutture sanitarie, agevolazioni per il disbrigo di pratiche burocratiche ed altro.

A Paolo David, in particolare, gli inquirenti contestano di avere assunto il ruolo di “promotore ed organizzatore” di quello che definiscono un vero e proprio “sistema”. Un sistema per arraffare ovunque voti e consensi a favore dei politici-guida del Partito democratico (allora), i quali, a loro volta, “si sono spesi per accreditare il procacciatore di voti David presso politici e funzionari regionali”.

“Il consigliere comunale eletto nelle liste del Pd e facente parte della segreteria politica del deputato regionale Rinaldi e del deputato nazionale Genovese, soggetti politici direttamente interessati al buon esito delle consultazioni elettorali, si è posto quale collettore di voti ed a tal fine si è avvalso della stabile collaborazione di una serie di personaggi che si sono messi a disposizione ed in favore dei quali si è speso, anche grazie ai rapporti, alle conoscenze di cui vanta, al fine di garantire contropartite immediate e dirette”, scrive il Gip del Tribunale di Messina. “Paolo David, intento ad una spasmodica quanto patologica attività di procacciamento del consenso elettorale, non ha esitato a manifestare assoluta disponibilità a soddisfare le più svariate richieste di intervento, segnalazione, raccomandazione formulategli da cittadini/elettori nella misura in cui costoro si dimostrassero sensibili alle sue richieste”. Un’influenza politica, parentale e amicale esercitata negli ambiti più vari, l’INPS, l’INAIL, le forze armate, il  Consorzio Autostrade Siciliane, ma, soprattutto, nel settore della sanità pubblica e privata.

“Ciò che è certo – proseguono gli inquirenti - è che David, che dalle indagini emerge come figura verticistica dell’associazione delineata, si è mosso freneticamente alla ricerca di consenso elettorale dapprima in favore dei suoi referenti politici, ma anche in vista delle elezioni comunali che lo vedevano candidato e, dunque, per un interesse personale per il raggiungimento del quale non ha esitato ad invocare l’autorevole intervento dei due predetti onorevoli. E ciò ha fatto non disdegnando l’apporto di personaggi vicini alla criminalità organizzata messinese”.


Un cavallo di razza deve avere i fantini buoni


Tra i soggetti accusati di aver fatto da trait d’union tra il politico e gli elettori compaiono innanzitutto Angelo Pernicone e il figlio Giuseppe Pernicone, piccoli imprenditori attivi nel settore della fornitura di servizi, giardinaggio, vigilanza, ecc,. tramite il Consorzio Sociale Siciliano, la società Ser.Ge. Servizi Generali s.r.l. e la Cooperativa sociale “Angel”, in seno alle quali – secondo i magistrati – opererebbe un vero e proprio “meccanismo di mutuo soccorso e collaborazione tra i vari gruppi criminali”. Già ritenuti gravemente indiziati di far parte dell’organizzazione radicata nel rione di Santa Lucia sopra Contesse, Angelo e Giuseppe Pernicone avrebbero ricoperto il “ruolo di procacciatori di voti e di elementi di collegamento tra i soggetti politici e gli ambienti della criminalità organizzata messinese facente capo al clan Ventura e al clan Spartà”. In cambio richiedevano l’affidamento di lavori da parte del Comune di Messina o altri enti pubblici “garantendo come conseguenza, anche l’assunzione per sodali ed amici”.

Dalle indagini è risultato che Angelo Perticone è stato uno dei più attivi collaboratori di Paolo David, tanto nella fase di ricerca del consenso quanto in quello della distribuzione di benefit agli elettori. “Si è in proposito speso per organizzare riunioni elettorali”, annotano gli inquirenti. In particolare, durante le consultazioni regionali del 2012, alle quali era candidato per il Pd l’on. Franco Rinaldi, Angelo Pernicone si occupava a fianco di Paolo David di organizzare vari appuntamenti tra i sostenitori, compresi una cena presso un noto ritrovo della zona sud della città e un meeting presso il giardino del Santuario di Montalto, nonché, il 18 ottobre, il comizio in Piazza Duomo dell’on. Rosario Crocetta, candidato alla presidenza della Regione. “Angioletto – lo sollecitava telefonicamente David - mi diceva Francantonio (Genovese nda), domani sera alle otto e mezza al Duomo perché c’è Crocetta che ti vuole parlare”. A curare il servizio d’ordine dell’evento clou, c’era allora il figlio Giuseppe. Alla vigilia delle amministrative del 2013, sempre Giuseppe Perticone s’incaricava di organizzare un incontro a Contesse tra il candidato Paolo David e i tifosi ultrà Teste Fracide del Messina Calcio. “Compare, pure domani pomeriggio alle cinque ci possiamo vedere, per me, io sono a tua disposizione”, commentava David. “Peppuccio, ricordati quello che dice tuo fratello, punti sempre sui cavalli giusti. Noi siamo i cavalli giusti e devono avere i fantini buoni…”.

Per la distribuzione di buste con pasta e altri generi alimentari, Pernicone si avvaleva della collaborazione di Adelfio Perticari e Baldassarre Giunti, “soggetti stabilmente inseriti negli ambienti della criminalità organizzata cittadina”. Giunti, in particolare, annovera numerosi precedenti penali (rapina, ricettazione, ecc.). Tratto in arresto una prima volta nel marzo 2008 con l’accusa di estorsione ed usura, Baldassarre Giunti fu nuovamente arrestato alla vigilia del Natale 2009 per una rapina ai danni di un supermercato di Scala Torregrotta. “Va detto che, per quanto David si avvalga ai fini della compravendita di voti della collaborazione di Giunti e di soggetti legati alla criminalità e comunque pregiudicati, tenta di evitare che costoro si avvicinino alla segreteria politica degli onorevoli Genovese e Rinaldi”, annotano gli inquirenti. “Certo è che Giunti ha continuato a partecipare all’organizzazione di cene elettorali e comizi, ad accompagnare David nei suoi spostamenti, provvedere all’attività di tesseramento, ma soprattutto ha continuato a raccogliere consensi con il metodo consueto. Costui, infatti, grazie alle informazioni ricevute da alcuni patronati, circa lo stato di indigenza di alcune famiglie, ha distribuito generi alimentari in cambio della promessa di voti”.

Il “sistema” David-Rinaldi-Genovese poteva contare però anche in una sponda elettorale molto più presentabile, tra tanti esponenti del variegato mondo della borghesia professionale (e parassitaria) della città dello Stretto. L’operazione Matassa ha accertato che i titolari o gestori di alcune strutture sanitarie garantivano assunzioni ai soggetti che promettevano il loro sostegno ai candidati del Pd. Tra essi, ad esempio, Giuseppe Picarella, amministratore unico della casa di riposo per anziani Villa Aurora s.r.l. e la figlia Cristina, socia della Med.Ea. s.r.l., insieme a Giovanni, Duilio e Concetta Trimarchi. “Giuseppe Picarella, oltre che mettere a disposizione voti ottenuti anche dietro la minaccia del licenziamento dei propri dipendenti, ha garantito, attraverso le strutture dallo stesso gestite, assunzioni in favore di parenti ed amici degli elettori compiacenti. E ciò ha fatto, all’evidente fine di spendere i favori resi, con richieste di intervento presso politici e funzionari regionali addetti al controllo di strutture sanitarie e simili”.


Nei secoli fedeli…


In quello che gli inquirenti stigmatizzano come lo “spasmodico mercimonio a fini elettorali svolto in maniera capillare e trasversale”, la compagine filo-Pd/Genovese non si accontentava di elargire di favori e prebende borghesi, gente comune o al limite dell’indigenza e qualche soggetto prossimo alla criminalità organizzata. Tra i supporter-beneficiari c’erano infatti anche alcuni appartenenti alle forze dell’ordine, come ad esempio gli agenti della Polizia di Stato in servizio a Messina, Stefano Genovese e Michelangelo La Malfa. “Numerosi sono i contatti registrati tra questi due ed il David”, scrivono gli inquirenti. “Per un verso Genovese e La Malfa tendono ad assicurarsi l’assunzione di familiari, affini ed amici oltre che vantaggi della più svariata natura; il candidato, per parte sua, si assicura un rilevantissimo pacchetto di voti (…) Emblematica è ad esempio la conversazione tra David e Genovese del 22 novembre 2012, allorquando il poliziotto riferiva di avere raccolto 180-200 moduli per le primarie e di averle consegnate ad un ex consigliere di quartiere, Giuseppe Fraschilla”.

Nel maggio 2013, per ottenere a proprio vantaggio e di quello di un’altra candidata Pd alle elezioni comunali il sostegno del Comandante della Stazione dei Carabinieri del rione Giostra, Lorenzo Papale, Paolo David arrivava ad offrirgli l’assunzione di un proprio familiare presso una struttura sanitaria amica. Il 10 maggio, gli inquirenti intercettarono telefonicamente David. Dopo aver fissato un appuntamento con il Papale, David chiamò il direttore sanitario della Brigata Motorizzata “Aosta” dell’Esercito italiano, il tenente colonnello Alfonso Zizza per riferirgli del suo interessamento volto a fare ottenere un posto di lavoro alla consuocera del maresciallo dell’Arma dei Carabinieri. Il tenente colonnello medico, già membro dell’Osservatorio della salute istituito nel marzo del 2007 dalla Giunta comunale di Messina con nomina dell’allora sindaco Francantonio Genovese, secondo gli inquirenti “era evidentemente a conoscenza del meccanismo di compravendita dei voti usato dall’amico, gli suggeriva di attendere i risultati elettorali per verificare l’effettività dell’impegno prima di favorire Papale”. “A te ti conveniva aspettare dopo le votazioni, Paolo, minchia ti bagni prima!”, fu il commento di Zizza. “No Alfonso, non è così il gioco”, replicò David. “Ora si deve mettere a pecorina e si deve mettere a correre di più, compare, gli scade il contratto ora per tre mesi, gli faccio fare tre mesi, sei mesi, capisci?”. Senza troppi giri di parole, David spiega cioè che nell’Italia della precarietà e delle assunzioni per tempi ancora più limitati, gli elettori-beneficiari devono impegnarsi ancora di più nel procacciare voti e consensi se vogliono garantirsi l’estensione dei mini-contratti di lavoro.

Chiusa la conversazione con l’ufficiale delle forze armate, l’esponente (ex) Pd contattò Cristina Picarella per caldeggiare l’assunzione della consuocera del comandante della stazione CC di Giostra. “Per farti capire quanto mi sta a cuore, è la parente del maresciallo Papale”, esordì David. “Una persona non solo che mi sta aiutando, ma è un amico mio, di Alfonso Zizza, dunque ecco perché ti dico occhio nel senso di trattarla bene e di vedere tu come sistemarla”. Nello stesso giorno, gli inquirenti intercettano una chiamata a quattro voci, tra il David, Papale, un’altra candidata nelle liste del Pd-Genovese, Gabriella Gatto e il marito di costei Cosimo Raffone, ginecologo presso il presidio sanitario “Piemonte”. “Siccome avevo parlato con Paolo e mi aveva detto che c’è questo binomio, io sono a disposizione”, disse il maresciallo Papale al dottor Raffone. “Non ce ne stanno problemi: quelli che garantiamo a lui, li garantiamo anche a sua moglie…”.


Paolo e i suoi fratelli


Al telefono, Paolo David si rivolgeva al tenente colonnello Alfonso Zizza chiamandolo “fratello” e con lui faceva riferimento ad una “riunione con i venerabili”. Nulla di nuovo in fondo, sotto il sole. Nella città dello Stretto, il rapporto tra forze armate, politica e massoneria è antichissimo e consolidato. Paolo David, del resto, non ha mai nascosto la sua affiliazione pluridecennale al Grande Oriente d’Italia, ma sino ad oggi non era nota la possibile appartenenza ai frammassoni dell’alto ufficiale in forza alla blasonata Brigata “Aosta”. David e Zizza, in verità, sono attivi frequentatori dei club service, vera e propria anticamera delle più coperte logge del grande Architetto dell’Universo. Il 3 marzo 2006, ad esempio, nel Salone delle bandiere del Comune di Messina, il Kiwanis Club Messina Nuovo Ionio organizzò l’evento “La Sanità Militare nelle operazioni di Peace Keeping”, in collaborazione con il servizio sanitario dell’“Aosta”. A introdurre i lavori c’era allora il consigliere-bancario David, in qualità di presidente Kiwanis, mentre a relazionare sul ruolo umanitario delle forze armate nelle guerre del XXI secolo fu chiamato proprio il “fratello” Zizza. Ospiti d’onore al convegno, il sindaco Genovese, il generale Vincenzo Santo, Comandante della Brigata “Aosta” e il Kiar distrettuale per il Sud Italia del club service, l’ingegnere Salvatore Sciacca, tra i più attivi progettisti di opere pubbliche ed edilizia privata del messinese. “Il tenente colonnello dott. Alfonso Zizza ha illustrato le varie fasi delle missioni a partire dal 1992 ai nostri giorni nei vari paesi quali la Bosnia, il Kossovo, fino ad arrivare alla guerra in Iraq”, documenta l’archivio del Kiwanis Club. Un anno fa è stato il nuovo presidente Kiwanis, l’avvocato Giuseppe Gullotta, a recarsi in visita alla sede di rappresentanza del Comando della brigata motorizzata (palazzo Sant’Elia) per far dono di 40 coperte da distribuire in Afghanistan ai bambini dell’orfanotrofio di Herat. La consegna avvenne allora nelle mani del colonnello Corrado Benzi, Comandante del distaccamento dell’esercito e del medical advisor della Brigata, Zizza.

Nei primi anni ’90, il nome di Paolo David comparve tra gli iscritti alla loggia massonica “Giuseppe Minolfi” del Grande Oriente in cui figuravano ufficiali delle forze armate e dell’Arma dei carabinieri, un vicequestore di Pubblica sicurezza e perfino tre membri dell’organizzazione (para)militare Gladio, tra cui il reclutatore per l’area di Sicilia e Calabria, Letterio Russo. Nonostante fosse a conoscenza dell’adesione del Russo alla massoneria, il colonnello Paolo Fornaro, in forza allora al Sismi (il servizio segreto militare) e fondatore del Centro Scorpione Gladio a Trapani, segnalò il suo nominativo al direttore della VII Divisione del Sismi per l’eventuale assegnazione all’Alto Commissario per la lotta alla mafia. “Fu lo stesso Russo a proporsi in tal senso, riguardo alla sua attività di ispettore assicurativo che svolgeva in prevalenza in Calabria, attività che costituiva un interessante veicolo di raccolta di informazioni”, spiegò il colonnello Fornaro agli inquirenti che indagavano sulla struttura segreta.
Alla loggia di David, militari e gladiatori erano affiliati al tempo pure i fratelli-avvocati Bonaventura e Salvatore Candido, nipoti dell’ex Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Messina Diego Cuzzocrea e dell’imprenditore-industriale Aldo Cuzzocrea, anch’essi massoni, poi transitati tutti insieme nella Gran Loggia Regolare d’Italia del venerabile Giuliano Di Bernardo. Nella “Giuseppe Minolfi” c’era pure un importante dirigente della Provincia di Messina, Francesco Pollicino. Tra le carte sequestrate ad Ezio Giunchiglia, un perito nucleare addetto al Camen (il Centro atomico militare), capogruppo toscano della loggia Propaganda 2 e braccio operativo del venerabile Licio Gelli, furono rinvenute le copie di una lettera indirizzata il 30 gennaio del 1979 proprio al dottor Pollicino. “Con riferimento al nostro incontro in Roma del 27 u.s. ti segnaliamo il vivo interesse per la promozione di attività turistiche prospettateci nell’isola di Vulcano (8 ettari sul mare e 11 in collina) e a Capo Peloro Messina (16 ettari di contrada Tono)”. Anche tutto questo è la città verminaio di Messina.

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